Era una calda serata di luglio, per lo meno per tutti quelli che se ne stavano in città... Dal canto nostro ci eravamo furbescamente rifugiati nel nuovo quartier generale di BovaByte (che per la cronica si trova dalle pareti di Verbania) e stavamo sorseggiando un ottimo drink alla facciazza del resto del mondo... Un lampo squarciò il cielo in due metà... Un istante che durò un’eternità; dopo un attimo la corrente elettrica e la linea telefonica, che se ne erano state lì buone fino ad allora, decisero di salutare, lasciandoci completamente al buio e tagliati fuori da qualsiasi contatto con l’esterno. Sfruttando la luce provocata dai fulmini riuscimmo ad agguantare una candela e farci un po’ di luce... Fu allora che udimmo dei passi che, furtivi, si avvicinavano alla porta di ingresso... Una fonte di luce, con ogni probabilità una torcia elettrica, filtrava da sotto la porta, tanto chiara da permetterci di scorgere, senza nemmeno troppa fatica, le ombre di due enormi piedi che si arrestavano proprio davanti ad essa. L’adrenalina fluiva a fiumi nei nostri metabolismi, il sudore ci impregnava le fronti. Potevano essere passate ore, oppure secondi, questo proprio non lo avremmo potuto dire, fatto sta che, ad un certo punto, ci accorgemmo che una busta di grosse dimensioni era stata fatta passare sotto la porta. Senza nemmeno soffermarci su quest’ultima, ci precipitammo nel corridoio, fino a giungere alla tromba delle scale... Nessuno in vista, solo dei rapidi passi che, evidentemente, si stavano dirigendo verso il garage sottostante all’edificio. Dal momento che seguirlo da lì non sarebbe stato per nulla pittoresco, optammo per la comoda scala anti-incendio che, in un battibaleno, ci condusse nello squallido vicolo pieno di monnezza che si trova sempre tra due edifici adiacenti, per lo meno dalle nostre parti.
La nostra avventura era comunque tutt’altro che conclusa: una macchina con i fari spenti stava dirigendosi a grande velocità verso di noi, raschiando la propria carrozzeria contro le pareti dei due edifici di cui sopra. Il malcapitato conducente doveva in ogni caso fare ancora i conti con la mia 44 magnum. Estrassi la pistola quasi istintivamente mentre Paolo cercava un riparo in un cassonetto differenziato, quindi feci fuoco in direzione dell’autovettura... Che esplose in mille pezzi, con un gran fragore ma, soprattutto, con una grandiosa deflagrazione, che fece sobbalzare addirittura il coperchio metallico di un tombino, il quale ricadde, tutto deformato, ai miei piedi. Un’altra macchina, questa volta con i fari accesi, uscì dai garage sgommando, impossibile comunque raggiungerla, neppure con la mia 44 magnum. In ogni caso una rapida occhiata alla targa, in cui spiccava la scritta TRUSTNO1 (non fidarti di nessuno!), ci rivelò istantaneamente il proprietario del mezzo, ovvero un tipo un po’ esaltato che corrisponde al nome di Fax Molder. Mezz’ora dopo ci trovavamo già a Washington DC nell’abitazione del sospettato e lo stavamo già interrogando, con l’ovvio ausilio della ben collaudata 44 magnum. Ebbene, alla fine il volpone si decise a confessare: aveva veramente infilato lui la busta sotto la porta, ma non si era fermato soltanto perché è molto timido... Quindi l’episodio non aveva nulla a che fare con il presumibile agguato in cui eravamo incorsi, quello finito con la grossa esplosione per intenderci.
Una volta ritornati a casa controllammo finalmente il contenuto della busta... Un documento, sotto forma di fumetto (e che trovate qui sotto), che spiegava per filo e per segno come diavolo facciano a funzionare i computer. Sulle prime eravamo molto scettici al riguardo, ma un’attenta riflessione sull’inspiegabile malfunzionamento del pargolo digitale del pastore, dopo che lo stesso lo aveva cosparso di insetticidi vari (ovviamente per proteggerlo dagli insetti) ha scacciato ogni dubbio.
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